venerdì 7 febbraio 2014

Beatitudine ed empatia

     La Beatitudine è profondamente empatica, anche perché con l’espansione delle Beatitudine, dalla base del nostro esserci nell’intero nostro esserci, superiamo l’esperienza separazione, scoprendo, prima, l’unità tra conoscitore e conosciuto e, poi, la pura Conoscenza in essere (Beatitudine) senza distinzione in conoscitore e conosciuto; questo ci permette di sentire sempre più comunanza con gli altri e produce compassione, che è empatia: la vera solidarietà inizia con la fine della percezione separazione. Considerando la compassione come fenomeno positivo, siamo giustamente obbligati a non intenderlo come patire con gli altri, come soffrire causa sofferenza altrui, perché questo produrebbe la “moltiplicazione della sofferenza”, rendendo la compassione un fenomeno non propriamente positivo. Essere compassionevoli significa aiutare il mondo, il problema primario delle persone è la sofferenza, causata primariamente dall’ignoranza di Sé: aiutare il mondo sostanzialmente significa favorirne l’affrancamento dall’afflizione, per realizzare ciò concretamente dobbiamo liberarci dalla sofferenza, per condividere Beatitudine, pura Conoscenza dil Sé, del Sé. Nel senso più profondo del termine, l’empatia implica la Beatitudine imperturbabile; precisazione: non potendo essere diversa da Sé, la Beatitudine è sempre inalterabile, con l’espressione Beatitudine imperturbabile intendo il suo mantenimento nell’intero esserci, seppur sottoposto all’influenza dell’afflizione altrui. L’empatia vera e propria può essere definita come modalità spontanea della Beatitudine di relazionarsi in modo illuminante con la sofferenza altrui, senza esserne coinvolta. Più soffriamo a causa altrui, meno possiamo aiutarlo a liberarsi dalla sofferenza, mentre le vibrazioni della nostra Beatitudine favoriscono l’armonizzazione con la Beatitudine delle vibrazioni dell’altrui afflizione, diminuendola. www.andreapangos.it

Nessun commento:

Posta un commento