martedì 4 febbraio 2014

Beatitudine e Illuminazione, doni Divini?

        Definire la Beatitudine e l’Illuminazione come dono Divino può essere un concetto fuorviante: la Beatitudine è il Divino stesso, inteso come Dio Beatitudine, ineluttabilmente presente, perlomeno, alla base del nostro esserci. Il manifestarsi della Divinità Beatitudine nell’intero campo esperienziale è un dono, immenso, che l’uomo dona a se stesso. Il Divino tende incessantemente a esprimersi attraverso tutto ciò che l’uomo produce, ma a causa della falsità esistenziale ereditata, basata su concetti inconsapevolizzanti, il Divino si realizza raramente nell’intero spazio temporale prodotto dall’individuo. Considerando le innumerevoli ragioni della sofferenza e le attività illuminanti necessarie a liberare lo spazio per la Beatitudine, risulta chiaro che espandere la Beatitudine in tutto il campo esperienziale è un dono che facciamo a noi stessi. Certo, la Spontaneità Divina (Beatitudine) appare quando cessa lo sforzo, ma affinché emerga bisogna rendere possibile ciò. Certo, per far emergere la Beatitudine è necessario rivolgersi al Divino in forma di preghiera, meditazione, indagine conoscitiva, attività creativa o di abbandono al Divino, e in questo senso la partecipazione del Divino è indispensabile, ma senza la nostra attitudine illuminante non si creerebbero nemmeno le condizioni per il presentarsi del Divino; andrebbe considerato che oltre a essere indispensabile, la partecipazione Divina è inevitabile: ciò che potrebbe essere considerato aiuto Divino all’uomo, dalla prospettiva del Divino è semplicemente il suo spontaneo tendere ad esprimersi. Non dovremmo inoltre, dimenticare, che Dio Beatitudine fa parte dell’uomo stesso, siamo noi a produrre in noi stessi la Beatitudine, pertanto l’aiuto del Divino all’uomo, è una conseguenza dell’aiutarsi dell’uomo, che si manifesta grazie alla giusta, illuminante, comunicazione interiore.  www.andreapangos.it

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