martedì 5 novembre 2013

Spiritualità irragionevole

Irragionevole, pensare che bisogna soffrire, che la sofferenza faccia bene, che la sofferenza espii i peccati, che soffrire sia spirituale. L’afflizione fa male, è peccato e non è spirituale, a meno che non sia purificante o consapevolizzante. Malattie e disfunzioni umanitarie sono afflizioni prodotte sostanzialmente dalla sofferenza, pene che producono ulteriori pene, un pessimo circuito vizioso. Il peccato primario è la separazione da Dio Beatitudine, non essere Beatitudine è peccato, la Beatitudine è l’esperienza Spirituale, l’afflizione impedisce la Spiritualità. Dovremmo perciò liberarci il più velocemente possibile dalla sofferenza: Spiritualità, libertà dalla sofferenza.
Irragionevole, credere che bisogna portare la propria croce, la Spiritualità è Beatitudine, senza dualità, senza croce: la vera croce è la religiosità priva di spiritualità. 
Irragionevole, ritenere Beata l’ignoranza, la Beatitudine è pura Conoscenza in essere, base esperienziale di ogni sapere intellettuale; la sofferenza è ignoranza, sperimentazione non integrale di Sé Beatitudine.
Irragionevole, immaginare che la Felicità sia destinata a pochi, la Felicità è destinata unicamente ai meno che pochi, ai rarissimi, che si destinano alla Felicità,  maturando la capacità di Amare e di Discernere la Reale Origine dall’irReale manifestazione.
Irragionevole, la credenza che siamo Veramente o Realmente soggetti al passare del tempo. Il corpo invecchia, ma il tempo è soggetto a noi: senza noi e il Presente che produciamo non ci sarebbe nemmeno il nostro tempo, non ci sarebbero le nostre idee di invecchiamento, non ci sarebbe la sensazione di passare del tempo, non ci sarebbe nemmeno la possibilità di consapevolizzare che il tempo non passa mai, perché è sempre Presente. Il tempo soltanto sembra passare, perché non siamo totalmente uguali a Noi Stessi Presente. Il Presente è Beatitudine, pura esperienza di esserci prodotta grazie al cervello, senza il nostro corpo non ci sarebbe nemmeno il nostro Presente, con la morte del corpo scomparirà il Presente prodotto dal corpo stesso, ma come Principio Beatitudine continueremo a essere Presenti attraverso tutti i corpi in vita; nessuno si reincarna, ogni vita esistente è una nostra incarnazione. In Verità non Siamo solo il nostro Presente, Siamo il Presente esperienza primaria dell’umanità intera. In Verità, non siamo limitati a un’esistenza individuale, siamo il Principio Beatitudine che si perpetua attraverso ogni individuo. In Realtà non Siamo nemmeno la Verità Beatitudine, in Realtà siamo il Senzatempo, l’Assoluto privo anche del Presente. In Realtà siamo il Senzatempo Origine del Presente, in Realtà esistiamo a prescindere dall’umanità, a prescindere dalla manifestazione intera, irReale espressione di Noi Unica Realtà. 
Irragionevole, ritenere il mondo Reale. Il mondo esiste veramente, ma solo come illusione, nel senso che è irReale: l’Assoluto (Dio Origine) è l’Unica Realtà. Ciò che percepiamo come mondo è una nostra percezione, senza sperimentazione non può esserci forma. Reale è soltanto ciò che senza fine, ciò che è transitorio non può essere Reale; come dovremmo definire l’Eterno (Assoluto, Infinito), se definissimo Reale ciò che è transitorio? SuperReale? Senza noi non ci può essere la nostra percezione, pertanto nemmeno l’esperienza che definiamo mondo: se il mondo fosse Reale lo saremmo  anche noi, saremmo non transitori, Eterni, Immortali, ma sappiamo benissimo che come esseri umani siamo destinati a finire, morire. Il mondo non sarà mai Reale, ma possiamo rendere Vero il nostro mondo: Illuminandoci!
  Irragionevole, pensare di essere solo corpo-emozioni-pensieri, irragionevole perché la ragione dovrebbe essere veritiera ed è vero che non siamo solo corpo-emozioni-pensieri.  Irragionevole, perché definendoci limitatamente ci neghiamo la scoperta di Sé Immenso (Beatitudine, Identità esperienziale) e di Sé Infinito (Assoluto, Identità Reale). Irragionevole, perché impedisce la Beatitudine, esperienza Sana e Naturale. Irragionevole perché concorre a produrre afflizione, esperienza inNaturale, patologia primaria dell’umanità. 
Irragionevole, ritenere che il mondo percepito sia esteriore, la percezione è interiore ,come potrebbe essere esteriore il mondo percepito?! Non si tratta della percezione di un mondo esteriore, è una percezione chiamata mondo. Non veniamo al mondo, è il mondo a (av)venire in noi: ogni concepimento è la nascita di un nuovo universo, di cui siamo Seme. Il mondo appare all’esterno del corpo, ma sono ambedue esperienze che appaiono in noi; la percezione corpo non è il corpo effettivo, che è senza forma ed è la base della forma corpo prodotta dalla percezione. 
Irragionevole, pensare che ci troviamo nell’universo, nel senso di essere solo un corpo dentro un universo prestabilito. Siamo anche tutto l’universo percepito, che trova comunque spazio nel nostro campo esperienziale, così come l’esperienza che definiamo nostro corpo.
Irragionevole, credere che ciò che percepiamo come altri siano veramente gli altri, ogni nostra esperienza è, chiaramente, del nostro campo esperienziale, che non può mai essere esteriore a noi stessi. Non abbiamo mai abbracciato nostra madre: abbiamo prodotto in noi stessi le esperienze noi, abbraccio e madre. 
Irragionevole, immaginare che siano le emozioni altrui a farci soffrire. Certo, siamo soggetti all’influsso delle emozioni negative altrui, ma soffriamo soprattutto perché non essendo sufficientemente consapevoli reagiamo meccanicamente agli influssi negativi. Migliorarsi, maturando la consapevolezza, non è facile, ma è utopico cercare di migliorare altri senza consapevolizzare prima noi stessi; nota: cambiamento non è sinonimo di miglioramento. Le emozioni che proviamo sono sempre nostre, appartengono al nostro campo emotivo. Per stare Bene con noi stessi ed altri dobbiamo maturare la capacità di Amare: Amando, invece di subire gli influssi negativi, possiamo spontaneamente, anche senza alcuna intenzione specifica, aiutare gli altri a liberarsi dalla propria schiavitù concettualemotiva.
Irragionevole, pensare di poter aiutare sostanzialmente gli altri senza essere capaci di aiutare veramente noi stessi. L’aiuto sostanziale è la liberazione dalla sofferenza: la Beatitudine come base esperienziale dell’Illuminazione, è una Soluzione fondamentale.  L’afflizione che ci infliggiamo indica quanto siamo incapaci di aiutare sostanzialmente noi stessi, la sofferenza con cui ci deturpiamo è la stessa con cui deterioriamo il mondo.  Il vero volontariato e il lavoro su se stessi, più siamo consapevoli più possiamo diramare aiuto sostanziale, aiutare gli altri a guarire dall’inconsapevolezza, dramma primario dell’umanità. 
Irragionevole, essere schiavi dei ruoli; dovrebbero essere un nostro segmento espressivo consapevole, un modo specifico di esprimersi della Spontaneità, non la gabbia in cui rinchiudiamo ciò che immaginiamo di essere, anche perché identificati con il ruolo stesso. Il gioco dei ruoli allontana dal ruolo sostanziale della vita, che è consapevolizzare e maturare se stessa.  Irragionevole immaginare di avere un ruolo nella vita, perché in quanto individui siamo la vita stessa, l’idea che ci sia qualcuno che viva la vita è immaginazione causata dall’immaginare l’identità. 
Irragionevole, volersi realizzare (solo) emotivamente: le emozioni sono segmenti della mente, la Realizzazione è Integralità. Cercare la realizzazione emotiva significa  destinarsi alla frammentazione dell’essere, darsi in pasto alle altalene emotive,  dipendere dalla dualità; più che alla realizzazione emotiva di coppia, bisognerebbe tendere alla coppia Beata nella Realizzazione. Perché segmentarsi, altalenarsi e dualizzarsi, dato che,  sostanzialmente, cerchiamo Integralità, Stabilità e non dualità?! In verità si cerca la Felicità, la Verità Beatitudine. Le emozioni positive sono meglio delle negative, ma rispetto alla Felicità sono comunque sofferenza: unicamente la Felicità è senza sofferenza e la Felicità non è un’emozione, cercando la realizzazione emotiva ostacoliamo la Felicità che cerchiamo.   
Irragionevole, pensare a un Dio esterno a noi: siamo noi a generare Dio Beatitudine in noi (senza forma fisica non ci possono essere esperienze e la Beatitudine è l’esperienza primaria di ciascuno), mentre Dio Origine (Assoluto) è senza esperienza e forma, pertanto senza luogo, né esterno né interno. Dio Beatitudine è la Verità che Siamo, Dio Origine la Realtà che Sussistiamo. 
Irragionevole, credere che dopo la morte ci aspettino inferno, purgatorio o Paradiso. Le esperienze esigono la vita, senza vita non c’è spazio: irragionevole pensare che con la morte cambiamo forma, ogni forma è un’esperienza della vita. 
Irragionevole, pensare che fare i buoni durante la vita possa portare a un posto in Paradiso dopo la morte. Immaginando così ci rendiamo manipolabili e voler essere manipolati non è certo sintomo di ragionevolezza.  È però ragionevole comportarsi bene, nel modo dovuto per favorire l’Illuminazione e la Realizzazione, e divenire così il Bene stesso, Paradiso in vita. 
Irragionevole, ritenere che la spiritualità non faccia parte della quotidianità, come si trovasse solo in monasteri, templi o nella solitudine di qualche eremo. Spiritualizzandoci diventiamo tutta l’umanità, non consapevolizzandoci rimaniamo perlopiù rinchiusi nel nostro mondo fantastico, immaginandoci e immaginando gli altri; per conoscere l’umanità dobbiamo Umanizzarci, renderci Divinità. La quotidianità percepita è un fenomeno dalla nostra percezione, maturando la consapevolezza possiamo arrivare al punto in cui quotidianità appare nella Beatitudine, non consapevolizzandoci ci destiniamo alla sofferenza. Soffrire è irragionevole, soprattutto considerando che cerchiamo la Felicità. Per quanto difficili siano le circostanze dobbiamo tendere ad aumentare il grado di consapevolezza, altrimenti siamo destinati all’afflizione; anzi, più sono difficoltose, più soffriamo, maggiore dovrebbe essere la motivazione per maturarsi spiritualmente, liberarsi dalla sofferenza. In quanto vita siamo un processo che tende costantemente a esprimersi e a conoscersi, la spiritualità è la risposta all’esigenza fondamentale di autoconoscenza, negarsi la spiritualità è negarsi la conoscenza di Sé e l’espressione qualitativa di sé e Sé.  Rinunciando alla spiritualità   perché si vive in un ambiente non adeguato alla consapevolizzazione, ci si rende automaticamente ambiente sbagliato. Esistono circostanze favorevoli alla spiritualizzazione e altre con ostacoli enormi, ma è irragionevole non cercare di viverci a fondo, come strumento consapevolizzante maturante se stesso. 
Irragionevole, supporre che la spiritualità sia una delle cose della vita, dovrebbe essere l’atteggiamento primario verso la vita: la spiritualità porta a maturare la vita integrale e a scoprire la Vita nella sua Totalità. L’origine della vita è spirituale, solamente spiritualizzandosi la vita si rende onore, donandosi Autenticità. 
Irragionevole, immaginare che l’Illuminazione sia destinata solo a rari, così ci destiniamo a non essere nemmeno tra quei rari, che sarebbero moltitudine se l’umanità si dedicasse all’Illuminazione, esercitasse il rito della Beatitudine e non il culto della sofferenza. Perché si dovrebbe tendere all’Illuminazione? Semplicemente perché stare meglio è meglio che stare peggio, percorrendoci verso l’Illuminazione ci liberiamo dalla sofferenza. Perché ci si dovrebbe Illuminare? Semplicemente perché essere malati non è sano, l’Illuminazione è anche Felicità come esperienza costante e la Felicità è la Salute esperienziale, come ben sa chi è libero dalla sofferenza.  www.andreapangos.it

lunedì 4 novembre 2013

Autoindagine

La ragione illuminante matura la consapevolezza che gran parte delle ricerche dell’uomo riguardano lui stesso, nel senso che tutto ciò di cui fa esperienza è un suo processo, pertanto interiore. Non possiamo fare esperienze esteriori. Per esempio, il cosiddetto viaggio fuori dal corpo, non è un viaggio fuori di noi, ma è un modo diverso di percepire il corpo e di definire il rapporto con lo stesso, anche qualificandolo dalla prospettiva della sperimentazione non sensoriale.  
Il mondo che percepiamo non è un mondo preesistente, è la nostra percezione a produrlo in noi stessi: non si tratta della percezione di un cosmo esteriore, bensì del generare in noi l’esperienza chiamata cosmo, basata sulla forma spazio, prodotta singolarmente da ogni essere umano e fondata, a sua volta, su processi che precedono il piano esperienziale.
Ogni indagine sperimentale sul cosmo è, pertanto, un’indagine dell’uomo su se stesso. Il conosciuto non è mai scisso dal conoscitore, fa sempre parte del campo esperienziale (di chi) che ne fa esperienza; sia nel caso della percezione di fenomeni (espresso diversamente: dello produrre in noi le percezioni chiamate fenomeni in questione), sia nel caso della maturazione della conoscenza su elementi che non fanno parte di noi, per esempio su Dio Origine.  
Il conoscere gli altri non passa soltanto attraverso noi, ma dalla prospettiva del nostro percepire è comunque un’autoindagine. Gli altri esistono effettivamente come processi individuali, ma ciò che percepiamo come altri sono nostre esperienze. L’esperienza che in genere definiamo corpo altrui, non è l’effettivo corpo altrui, ma un’esperienza prodotta dalla nostra percezione, una forma generata in noi come conseguenza di uno specifico interagire con l’esistenza altrui. Discorso simile vale per le emozioni altrui, che possiamo riconoscere, senza poterle però mai sperimentare. Le emozioni altrui possono influire sul nostro campo esperienziale, favorendo in noi la generazione di emozioni simili, ma le emozioni che sperimentiamo non possono essere che nostre, il campo esperienziale è sempre interiore. Conoscere gli altri fa parte dell’indagine su se stessi, perché si tratta del rapportarsi con ciò che dalla nostra prospettiva sono nostre proiezioni (in questo senso si tratta sempre di autorapporti), che emergono dalla nostra esperienza di esserci: sostanzialmente siamo senza forma, “noi” e gli “altri” assumiamo forma grazie alla percezione.  
Tramite le proiezioni altri possiamo anche consapevolizzare l’unità e maturarci come Uno esperienziale. Per ottenere ciò dobbiamo liberarci dalla sofferenza nei rapporti e in generale, anche armonizzando con la Beatitudine le vibrazioni relative alle proiezioni altri. Essendo autorapporti si tratta sempre di autosofferenza; questo possiamo comprenderlo, quando sufficientemente consapevoli non reagiamo in modo reattivo alle emozioni negative altrui, anzi  trasformiamo consapevolmente il loro influsso negativo. Per risparmiarci sofferenza dobbiamo riorganizzare il rapportarci con le proiezioni altri, per esempio perdonando, anche perché è molto utile farlo. La spiritualità è profondamente utilitaristica, nel senso positivo del termine, perché persegue il bene e perdonare fa sicuramente bene. L’umiltà spirituale può essere definita anche come capacità di attuare ciò che è utile al bene, a prescindere dalle nostre convinzioni. 
Lo stato di unità fa percepire l’unità tra ciò che definiamo come noi e come altri e può farci comprendere che l’unità esiste sempre, anche quando percepiamo separazione, che è un’esperienza che avviene comunque nella percezione, la quale non può essere mai scissa da se stessa e dalle sue parti.  La percezione di unità indica metaforicamente anche l’unità tra la nostra esistenza individuale e quelle altrui; metaforicamente perché si tratta di un’unità impercettibile, essendo al di là del nostro campo esperienziale. 
L’Uno esperienziale è la pura Conoscenza in essere (Beatitudine), senza diversificazione in conoscitore e conosciuto. È il Sé esperienziale che percepisce vari aspetti di Sé, tra cui le esperienze “altri”, avvenire in lui stesso. Durante lo stato di unità, invece, c’è un “io” che percepisce l’unità con qualcosa che definisce diverso da sé.  
L’indagine su Dio Beatitudine è nettamente un’autoindagine, è l’uomo a generare in sé la Beatitudine, che in quanto esperienza esige il cervello; la Beatitudine non esiste a prescindere dalla forma fisica. Indagare su Dio Beatitudine significa tendere a divenire consapevoli della propria pura Divinità, intesa come pura esperienza di esserci, ed espanderla in tutto il proprio campo esperienziale, trasformandolo da inferno e purgatorio in Paradiso.  
Dio Origine (Vuoto Assoluto, Dio Immanifesto) precede l’uomo, nel senso che l’uomo fa parte del Suo manifestarsi, ma indagare su Dio Origine è comunque un’autoindagine; si tratta della ricerca del Sé Reale: Chi sono in Realtà?, è la domanda fondamentale.  
Indagando su Dio Beatitudine e Dio Origine, la ragione può destinarsi a scoprire Ciò che lo precede: la pura Conoscenza in essere (Beatitudine) e la Conoscenza Assoluta (Origine) e questo è profondamente consapevolizzante. Si tratta del modo diretto per comprendere le più profonde verità filosofiche e spirituali, veramente incomprensibili se la ragione non “incontra” la Conoscenza.   www.andreapangos.it