sabato 6 marzo 2010

Attaccamento all’individualità



La ragione spazio-temporale primaria della sofferenza è l'attaccamento all'individualità, prodotto anche dall'identificazione del sé reale con l'individuo o con suoi segmenti (corpo, emozioni, pensieri…), la quale forma l'identità immaginata, ma ne è anche conseguenza.  


 L'attaccamento all'individualità è la base di ogni forma di dipendenza. Ogni persona percepita, ogni rapporto, ogni oggetto, ogni attività… sono apparizioni nella percezione, che è dell'individuo. L'individuo è un processo naturale (individuazione di Dio), ma il suo attaccamento a sé impedisce la Salute, la Felicità, che è dell'individuo che non ha percezione di individualità.

L'identificazione con l'individualità o con suoi segmenti, produce idee ed emozioni superflue che segmentano l'esserci, impedendogli di vibrare integralmente come Felicità. Quante idee ed emozioni rimarrebbero, togliendo quelle che si basano sul pensiero io sono il corpooppure l'individualità è l'identità reale? Le emozioni nocive o superflue, sono primariamente una conseguenza dell'identificarsi con il limitato, cioè con il temporale, l'individualità. La Salute mentale implica l'immedesimazione illuminata con l'Infinito. L'identificazione dell'identità reale con l'individualità o peggio ancora con il corpo, può quindi essere definita come pazzia. Basti guardare le conseguenze che ne derivano: ruberie, conflitti, guerre, malattie, omicidi, suicidi, maltrattamenti…

Fino a che si tende a definirsi come individuo, non può esserci Felicità costante, che è (di) chi si è Scoperto Dio. Per percorrersi come via verso la Felicità, bisogna consapevolizzazione l'illusorietà dell'individualità e la Realtà di Dio, Reale Identità. Più si è consapevoli della propria irRealtà individuale (l'individuo esiste soltanto come illusione) e della Realtà di Se Stessi Dio, più qualitativa può essere la propria esperienza di esserci.

Michela, Mauro, Giovanna, Roberto… non possono essere Felici(tà). La Felicità implica la scomparsa temporanea o definitiva dell'identità immaginata. Come potrebbe essere vera la felicità di un soggetto immaginario come l'identità immaginata?! Il nome proprio è certamente funzionale a fini anagrafici e di comunicazione, ma l'idea di essere proprio Silvio, Maria, Franco, Elena…, è veleno per la vita. Quando c'è identificazione con il nome proprio, che in questo caso esprime anche la sintesi di concetti e immagini riguardo a "se stessi" (identità immaginata), il nome proprio è una prigione.

All'anagrafe si può trovare il certificato di nascita con il "proprio" nome proprio, ma non si è certo quel nome. Il nome proprio non è il Proprio Nome, che è Dio. Ritenere che il nome proprio sia il proprio nome, significa renderlo improprio. Inoltre, il "Luogo" di nascita originale è Dio, poiché Origine di ogni individuo.

Sempre all'anagrafe si può richiedere il certificato di residenza, ma il vero luogo di residenza dell'individuo è lui stesso. L'intero tempo-spazio da lui percepito è una sua produzione, che deriva dalla ("sua") esperienza di esserci.

L'identità immaginata è una patologia, eppure quasi tutti investono enormi risorse per nutrirla, anche perché non hanno la capacità di fare diversamente. Investire nell'identità immaginata significa sprecare la vita, sporcandosi di menzogne. Vuole dire mentire, ignorando comunque di star facendolo, perché ignari di Sé. Nutrire l'identità immaginata è come investire nella malattia, non nella guarigione. L'identità immaginata è composta da una moltitudine di personaggi che popolano la stessa mente, il che impedisce la Felicità, che è esperienza di unità.




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